Arbitri europei, gli italiani al terzo posto per retribuzione

Gli arbitri italiani risultano tra i più pagati d’Europa, occupando il terzo gradino del podio dietro a Spagna e Inghilterra. È quanto emerge da un’approfondita indagine condotta da The Athletic, che ha analizzato stipendi fissi, bonus e compensi per gara dei direttori di gara e dei loro collaboratori nei cinque principali campionati europei.

Spagna: arbitri al top per stipendio fisso e bonus

In cima alla classifica ci sono gli arbitri spagnoli, che percepiscono uno stipendio fisso annuale di circa 145.000 euro, a cui si sommano compensi variabili per ogni partita: tra i 4.900 e i 2.450 euro a seconda del ruolo (arbitro principale, assistente, quarto uomo o VAR). A questi si aggiunge un bonus annuo superiore a 25.000 euro derivante dai diritti d’immagine legati alla sponsorizzazione del Gruppo Wurth presente sulle divise. L’ex arbitro Eduardo Iturralde Gonzalez ha spiegato che il traguardo è il risultato di anni di battaglie sindacali: “Siamo i più pagati solo da sei anni. Prima eravamo sesti o settimi in Europa. Adesso gli arbitri sono professionisti a tempo pieno, dedicano ogni ora della giornata al proprio lavoro”.

Inghilterra: punte retributive più alte d’Europa

Nel Regno Unito, gli stipendi medi degli arbitri variano tra gli 85.000 e i 170.000 euro all’anno, in funzione dell’esperienza e della categoria. Tuttavia, i compensi per singola gara sono inferiori rispetto ad altri Paesi: l’arbitro principale percepisce circa 1.300 euro a partita, mentre chi opera al VAR guadagna meno di 1.000 euro. A questi importi si aggiungono bonus legati alla qualità delle prestazioni, in particolare alla capacità di intervenire su “errori chiave” nelle partite.

Tra gli arbitri più noti figurano Anthony Taylor, criticato per la finale di Europa League tra Roma e Siviglia, e Michael Oliver. Entrambi appartengono all’élite dei 20 arbitri del Select Group e ricevono anche compensi extra per gare internazionali. Sono dipendenti della PGMOL, l’organismo arbitrale professionale inglese guidato da Howard Webb. La professionalizzazione della categoria, avviata nel 2001, ha comportato l’introduzione di programmi di allenamento, valutazioni periodiche e un netto miglioramento degli standard. L’ex arbitro Keith Hackett ha ricordato: “C’era chi mangiava solo fast food, poi ha iniziato a frequentare ristoranti stellati”.

Arabia Saudita: la nuova meta del sogno arbitrale

Per molti arbitri il traguardo più ambito resta l’Arabia Saudita, dove gli stipendi raggiungono cifre ben più elevate. È il caso di Mark Clattenburg, oggi analista per il Nottingham Forest, che nel 2017 ha lasciato la Premier League per dirigere il settore arbitrale saudita con un contratto da 612.000 euro annui esentasse. “In Inghilterra guadagnavo 150.000 euro, bonus inclusi. In Arabia ho guadagnato in un anno quanto in otto stagioni in Premier”, ha dichiarato. Anche Michael Oliver ha arbitrato una partita tra Al Nassr e Al Hilal, incassando 3.500 euro.

Crescita dell’interscambio e spazio alle donne arbitro

In Inghilterra cresce la mobilità tra i gruppi arbitrali. Il Select Group 2 (SG2), composto da 22 arbitri, opera soprattutto in Championship e saltuariamente in Premier League. Proprio da questo gruppo è emersa Rebecca Welch, la prima donna ad arbitrare una gara di Premier (Fulham-Burnley a dicembre). Sotto l’SG2 si trova il Gruppo Nazionale, attivo in League One e League Two, dove gli arbitri ricevono una tariffa fissa a partita e il rimborso delle spese.

Germania: meno bonus, ma più guadagni per partita

In Germania, gli stipendi annuali dipendono dall’esperienza: 61.000 euro per i nuovi arrivati, 71.000 per i membri del gruppo intermedio e 81.000 euro per quelli dell’élite. A differenza di altri Paesi, qui non sono previsti bonus, ma i compensi per gara sono i più alti d’Europa: 5.500 euro per un match di Bundesliga, mentre il VAR percepisce 2.000 euro. Anche in Zweite Liga si guadagna bene, con un compenso medio di 2.800 euro a partita.